
Parliamo di attacchi di panico ...
Iniziamo col dire che molte persone, pur non parlandone, ne soffrono, il più delle volte provando vergogna e sentendosi diversi e non capiti.
La paura di rivivere il dolore e la paura legati ai sintomi di cui parlerò fra breve chiudono il cerchio.
La persona inizia a temere di rivivere ciò che con dolore e paura ha già vissuto entrando in un vero e proprio circolo vizioso che non fa altro che far scaturire nuovi attacchi.
Ma cosa sono gli Attacchi di panico?
Sono episodi di improvvisa ed intensa paura o di una rapida escalation dell’ansia che di per se è normalmente presente.
Normalmente infatti, quando il cervello coglie un pericolo, attiva un dispositivo di emergenza che a sua volta attiva delle reazioni fisiche a catena.
Ecco allora che si inizia a sudare, aumenta il battito cardiaco che diventa tachicardico, aumenta la pressione sanguigna e avviene una scarica di adrenalina,
quindi l’attacco di panico è una escalation di sensazioni di paura con conseguenti tentativi di controllo che però, intrecciandosi, finiscono per intrappolare la mente, che si costruisce essa stessa i pensieri terribili dei quali ha paura.
Ecco allora che si attiva il circolo vizioso:
devo affrontare una situazione che mi spaventa
ho paura di stare male
la paura attiva reazioni fisiche (il cuore batte forte, sudo, ho brividi…)
inizio a pensare che starò male, che non saprò come affrontare la cosa, mi vergogno e ho paura
il pensiero mi agita, inizio a stare sempre peggio…
ARRIVA L’ATTACCO DI PANICO….
questo e’ il circolo vizioso dell’attacco di panico
Quanto dura l’attacco di panico?
L’attacco di panico può durare da pochi secondi a 20/30 minuti circa, arriva all’improvviso e raggiunge rapidamente l’apice (di solito entro 10 minuti o meno).
Chi sperimenta per la prima volta un attacco di panico vive un’esperienza terribile, sempre improvvisa ed inaspettata, almeno la prima volta, arrivando a pensare di essere in procinto di morire di infarto o di impazzire.
Proprio perchè i sintomi sono fisici (battito cardiaco accelerato, pizzicore alle mani e ai piedi, sudorazione, ecc…) inizialmente la persona ricorre a cure mediche iniziando una serie di controlli medici per escludere patologie organiche.
Spesso infatti la persona colpita non sa che cosa sia un attacco di panico, immagina possa esservi una spiegazione medica e per questo inizia a eseguire esami clinici ed indagini mediche molto frustranti perché non rilevano alcuna problematica organica.
La drammaticità e la paura che accompagnano sempre il primo attacco sono però tali da indurre a pensare al primo episodio con paura. Proprio per questo la paura di un nuovo attacco diventa immediatamente un pensiero costante
Il singolo episodio, quindi, sfocia in un vero e proprio disturbo di panico, più per “paura della paura” di rivivere quelle terribili e reali sensazioni che per reali cause.
Quali le conseguenze?
La paura derivante dai primi attacchi di panico diventa costante e rende pressoché impossibile uscire di casa da soli, guidare o prendere un mezzo pubblico, restare in mezzo alla folla o in coda, e cosi via.
Il conseguente evitamento di tutte le situazioni potenzialmente ansiogene diviene la modalità prevalente e la persona diviene letteralmente schiava dei suoi attacchi di panico.
Spesso tutti i familiari sono costretti ad adattarsi alle esigenze dettate dalla paura, ad esempio non lasciando mai solo o accompagnando ovunque il familiare con l’inevitabile senso di frustrazione che deriva dal fatto di essere costantemente dipendente dagli altri. Se da una parte i familiari si attivano in soccorso della persona che sta male dall’altra parte, non comprendendo fino in fondo la portata del disagio, possono diventare colpevolizzanti con frasi del tipo:
- devi reagire
- dipende solo da te
- basta la buona volontà
- non hai niente lo ha detto anche il medico
Quale intervento?
Una persona che vive un disagio, un conflitto sviluppa sempre sintomi psicosomatici. Inizialmente prova ad ignorarli (faccio visite mediche, do la colpa alla salute), altre volte ricorre a farmaci ansiolitici che risultano efficaci nel ridurre la sintomatologia, ma in questo modo danno l’illusione di aver risolto il problema che nel profondo non è realmente risolto ma soltanto “assopito”. I farmaci, seppur utili e a volte necessari (sempre prescritti preferibilmente da un medico psichiatra) non risolvono il problema alla base, non facendo emergere la causa che rimane inalterata fino a che non s’intraprende una psicoterapia. Appare quindi evidente come possa essere utile il farmaco nella misura in cui lo si affianchi ad un buon percorso psicoterapeutico.
La paura degli Attacchi di panico
La persona colpita dal panico come già detto non scorderà mai più il primo attacco, a causa dell’eccezionale intensità emotiva sperimentata e questo attiva un vero e proprio circolo vizioso tale per cui la paura della paura scatenerà nuovi attacchi di panico.
La persona inizierà cosi ad evitare le situazioni che collega agli attacchi: se il primo attacco è avvenuto a scuola tale luogo diventerà assolutamente da evitare e anche passarci davanti può divenire fonte di preoccupazione. Più il tempo passa schiavi di queste paure più il disturbo diventa cronico. La persona si sentirà in colpa, incapace di uscire da una situazione fuori controllo e spesso senza il supporto di parenti e amici, oramai stanchi delle “stranezze” e della poca volontà del loro caro.
Ciò aumenta i sensi di colpa e la sensazione di fallimento con abbassamento dell’autostima.
Ma cosa fare allora?
Sicuramente imparare a gestire la respirazione aumentandone la consapevolezza (cosa che può sembrare banale, tutti respiriamo!) risulta in prima battuta molto efficace nella psicoterapia del disturbo da attacchi di panico ed è per questo che in un percorso psicoterapeutico si aiuterà il paziente a controllare l’iperventilazione sempre associata agli stati di ansia. Durante un attacco di panico la persona avverte tachicardia, formicolii alle mani e al viso, inizia a sudare ed avere brividi. La paura conseguente porterà a respirare male espellendo troppa anidride carbonica e inalando eccessive quantità d’ossigeno e ciò peggiora ulteriormente le sensazioni fisiche negative.
Ecco che si è innescato un circolo vizioso:
- ho paura
- mi agito
- respiro male
- aumentano i sintomi fisici
- aumenta la paura
- sto sempre più male
- respiro sempre più “affannosamente”
- peggiora la sintomatologia fisica (tachicardia, dolore al petto, sudorazione, giramenti di testa…)
- aumenta la paura di stare male-mi agito ancora di più… ecc
“Imparare a respirare” aiuta a prevenire, ridurre o evitare un attacco di panico nel giro di pochi minuti.
Ma il problema reale è la paura che rende tutto questo difficile: è difficile calmare a parole una persona in preda ad un attacco di panico, non sentirà nulla, non riuscirà ad ascoltare niente se non la sua paura anzi il dirgli di “calmarsi” andrà eventualmente a peggiorare lo stato di ansia. Per questo servirà lavorare prima di tutto sulla consapevolezza alla respirazione con tecniche specifiche che sono ottimi strumenti in possesso dello psicoterapeuta.
Successivamente si lavorerà insieme al paziente per aiutarlo a mettere in contatto la parte corporea con quella psichica, andando a lavorare sulla capacità della persona di sperimentare le emozioni senza doverle “trattenere”.
Si perché l’attacco di panico arriva quando si è stanchi di “trattenere” e il corpo decide di lasciare andare ma in maniera certamente troppo dolorosa.
Si toccheranno temi importanti come autostima, paura del cambiamento, paura del dolore! Cercheremo di comprendere cosa ci vuole dire il nostro corpo perché, in fondo, il panico è un modo alquanto “violento” di comunicare a noi stessi qualcosa!
Molte persone che hanno risolto e trasformato il loro panico lo ricordano come l’evento che ha dato un nuovo senso alla propria vita.
Capirne il senso, dare un significato nuovo all’attacco di panico lo renderà utile e non più solamente doloroso ed angosciante!
Ecco che allora, capendone il senso si riuscirà a dare significati diversi ai propri atteggiamenti apprendendo nuovi e più costruttivi modi di affrontare la quotidianità.